Makeup senza packaging: è possibile?

Lush lancia una nuova linea makeup che fa bene alla pelle, porta avanti la lotta contro i test sugli animali e supporta direttamente piccole comunità e allo stesso tempo fa tutto quello che fa il makeup tradizionale, ma senza packaging inutile.

In UK aumenta il riciclo del packaging. Secondo i dati pubblicati a febbraio 2018 dal Dipartimento dell'ambiente, dell'alimentazione e degli affari rurali (DEFRA), nel 2016 il 71% del packaging del Regno Unito è stato riciclato o recuperato, con un incremento del 64,7% rispetto al 2015.

Questo è senz’altro un buon segno. Tuttavia, sfortunatamente, questi dati raccontano solo una parte della storia. Fra i materiali con cui viene prodotto il packaging, la plastica è tuttora uno dei due meno riciclati (l’altro è il legno): dal 2016, solo un 44,9% viene riciclato o recuperato. Ma c’è dell’altro: un’indagine del “Guardian” ha reso noto che le più grandi catene di supermercati della Gran Bretagna producono complessivamente più di 800.000 tonnellate di rifiuti da imballaggio. Anche le bustine del tè contengono un materiale termoplastico, il polipropilene, che le aiuta a mantenere la forma: quelle dei marchi più conosciuti sono biodegradabili solo al 70-80%. Ogni anno in tutto il mondo vengono scaricati in mare 8 milioni di tonnellate di plastica, l’equivalente di un camion dei rifiuti al minuto. Anche vietando le microplastiche e aumentando i prezzi delle buste in plastica, ci si aspetta che si arrivi a due camion al minuto nel 2030, e a quattro al minuto entro il 2050. Sempre entro quella data, si stima che negli oceani ci sarà più plastica che pesci.  

Ecco Rowena Bird, co-fondatrice di Lush e product inventor con una grande passione per il makeup.

Rowena tiene in bagno il suo makeup. Si trucca di mattina, poi non ci pensa più. Certo, magari può ritoccarsi il rossetto durante la giornata, ma per farlo non ha bisogno di specchi. «Mi siedo un attimo e me lo sistemo».

L’idea di truccarsi senza uno specchio può spaventare. Non è così per Rowena, che ammette di avere un debole per il makeup ed essere un’esperta del settore. Infatti è proprio lei ad aver inventato la cipria Emotional Brilliance, l’eyeliner Independent e tanti altri prodotti make-up Lush innovativi. Può passare in rassegna prodotti makeup per ore e pensa che un nuovo rossetto sia un modo infallibile per tirarsi su il morale quando ci si sente un po’ giù. Lei tende a star lontana da ogni sfumatura di rosso. «Forse non ho ancora trovato il rosso giusto», commenta ad alta voce tra sé e sé.

Quando arriva a parlare dei prodotti che ha inventato per Lush, Rowena non crede che ci siano delle regole precise: «Non m’importa come li usano le persone, l’importante è che siano soddisfatti».

Quello di cui è fermamente convinta, è che possiamo iniziare a liberarci del consumo eccessivo di plastica a partire dal nostro beauty case. Spetta a noi dare un nuovo volto al futuro, quindi perché non iniziare proprio dal trucco? E questa è la domanda che guida tutta la nostra nuova linea di cosmetici: Lush può fare prodotti solidi e nudi, abbandonando il più possibile la plastica e continuando al tempo stesso a offrire un’ampia scelta ai clienti?

La risposta di Rowena è un sì deciso, ma la possibile soluzione che ha in mente è duplice.

In primo luogo, ci sono i prodotti: le novità makeup di Lush dovranno essere il più possibile nude. E nei casi in cui sia necessario usare una confezione, il packaging deve sempre essere pionieristico: compostabile, riutilizzabile, riciclabile o con alternative ricaricabil(come succede, ad esempio, per i prodotti che vengono venduti sfusi o alla spina).

«Il mio obiettivo è che i prodotti non arrivino necessariamente ‘confezionati nelle loro confezioni’», dice. «Faccio un esempio: ammettiamo di dover buttare via un prodotto perché è scaduto. In questo caso butteremmo via solo il prodotto, e non il prodotto con la confezione, come troppo spesso avviene. In questo modo non si butta via nessun imballaggio in plastica».

Ma se Rowena vuole trasformare il modo in cui le aziende confezionano i prodotti e in cui i clienti li acquistano, ha bisogno che gli stessi clienti si uniscano alla Naked Revolution.

«Quando ero in Norvegia, i clienti erano davvero collaborativi: entravano con i loro contenitori e ci mettevano dentro i prodotti. Porta sempre con te le borse di carta o in cotone per riempirle di nuovo. Questo è quello che mi piacerebbe vedere: persone che dicono “No, niente borsa, grazie. Uso la mia”».

Le comunità dietro ai nostri cosmetici

Il potere trasformativo che ha il makeup - quello di dare forma a un aspetto esteriore capace di riflettere una profondità di valori - ha suscitato un’altra domanda. Una ricerca condotta dalla United Nations Inter-Agency Task Force on Rural Women evidenzia che oltre i ⅔ dei 796 milioni di analfabeti al mondo sono donne, e solo il 39% delle ragazze frequenta la scuola secondaria (contro il 45% dei ragazzi). E se scegliere i cosmetici significasse anche aiutare le cooperative di donne e supportare l’educazione delle ragazze?

La nuova linea di makeup Lush utilizza una gamma di ingredienti artigianali prodotti nelle cooperative di comunità, come l’olio di cocco di Nias, Indonesia, in cui una parte dei guadagni finanzia servizi pubblici come un dentista locale o corsi di alfabetizzazione. Il fatto che i product inventor sviluppino nuovi prodotti utilizzando ingredienti meravigliosi che supportano progetti comunitari sta molto a cuore a Rowena: in particolare il burro di karité biologico equosolidale, l’aloe, l’olio di moringa e l’olio di argan.

«A chi si occupa di realizzare questi prodotti ho chiesto di includere: il burro di karité, l’argan, la moringa e l’aloe - spiega Rowena. Sarebbe bello utilizzarli sempre tutti e quattro, ma dovrebbe essercene almeno uno in ogni prodotto perché tutti questi ingredienti supportano cooperative di donne o l’istruzione».

Women of the Ojoba Collective expertly harvest shea butter

A capo del Buying Team - chi ha il compito di acquistare le materie prime e i sintetici sicuri - c’è Gabbi Loedolff, che nell’intervista rilasciata a Metro UK spiega come uno di questi ingredienti - il burro di karité lavorato a mano dalla cooperativa delle donne di Ojoba in Ghana - dia loro un aiuto concreto: «Il Collettivo di Ojoba è una cooperativa di sole donne. Modelli di business come questo sono importantissimi perché danno svariate possibilità di andare avanti a gruppi di persone emarginate (come le donne, per esempio). Se nel gruppo ci fossero anche uomini, il tradizionale sistema patriarcale resterebbe invariato, le donne non potrebbero emanciparsi né far fronte comune».

«Le cooperative possono diventare potenti veicoli d’integrazione sociale ed emancipazione economica di chi ne fa parte. Nel Collettivo di Ojoba, le donne, prima di entrare a far parte

della comunità, spesso non avevano neppure mai parlato tra loro. Adesso si aiutano l’una con l’altra e crescono insieme. Si percepisce un reale senso di comunità e un forte spirito di squadra. I benefici economici ci sono, e non solo per le donne, ma anche per le loro famiglie e per l’intera comunità».

«Questi ingredienti non li mettiamo nei prodotti solo perché acquistandoli aiutiamo delle persone», dice Rowena. «Li utilizziamo perché sono splendidi per la pelle, e fanno davvero la differenza».

«È una scelta vincente per tutti, e i successi sono tanti. Ci guadagnano le scuole. Ci guadagnano le ragazze che possono avere un’educazione. Per la tua pelle è un grande vantaggio. Anche noi vinciamo, perché stiamo vendendo il prodotto. E io amo vincere!» dice Rowena ridendo. «E se tutti gli altri intorno a me vincono... ancora meglio!».

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